Strappi di Colore

Recensione di Marco Viroli

Porsi di fronte alle immagini di Giancarlo Donatini, istantanee ricavate da particolari di brandelli di cartelli pubblicitari sovrapposti, è un po’ come camminare per le vie della città e andare a scontrarsi sui muri con 10, 100, 1000 scatti di Donatini.

Quello che da vita all’opera dell’artista bolognese è la volontà di immortalare il gesto istintivo, la lacerazione di cartelli pubblicitari che vanno a creare opere uniche, irripetibili; alla base di tutto vi è il gesto di uno sconosciuto, fatto di togliere, guardare dentro, scoprire.Donatini per questo va oltre il décolage classico, quello che tende a riprodurre la realtà della precarietà, della provvisorietà, dell’inconsistenza di immagini, tanto patinate quanto effimere. Immagini che, di notte, mani sconosciute rimuovono o ricoprono con altre immagini altrettanto provvisorie, che vengono a modificare temporaneamente il paesaggio urbano.

Donatini rappresenta essenzialmente la realtà e dalla realtà ne ricava richami artistici.

Non molto resta riconducibile all’originario negli scatti di Donatini, quasi il reporter non voglia dare importanza ad altro che al gesto violento e poetico insieme che le ha incidentalmente generate. Per questo riscontriamo più richiami a un Actionpainting del caso piuttosto che al décolage “classico” di cui Rotella fu maestro e fondatore. Quando il décolage nacque si contrapponeva alla costruttività implicita del colage cubista. Il décolage rappresentò la protesta nei confronti di una situazione sociale che "sopravviveva" tra i falsi miti del consumismo nel secondo dopoguerra. Come i tagli di Fontana, le combustioni di Burri, “Merda d'artista” di Manzoni, Rotella utilizzava il décolage per garantire a una comunità artistico-culturale della seconda metà del'900, un'ulteriore studio concettuale, per riscoprire un’arte classica con una semplice azione sistematica, ripetitiva, lacerante, esplicativa.

Non dimentichiamo che nel caso di Donatini ci si trova di fronte a foto scattate, a ingrandimenti di particolari, scelti dal reporter bolognese, che fissano l’attimo in una combinazione di forme e colori in continuo mutamento.

Simile al gesto con cui la gente scarabocchia sui muri o li imbratta con bombolette di vernice, con gesti istintivi e primordiali, l’atto istintivo creativo propone una diretta correlazione tra l’uomo primitivo e l’abitante delle città moderne con le sue nevrosi. Il parallelo avviene anche a livello espressivo con l’arte primitiva dei graffiti ottenuti dalla scalfizione dei colori sovrapposti.

Ma c’è ancora qualcosa di più: la sovrapposizione dei cartelloni lacerati lascia affiorare parti di figure, segni, lettere, numeri dei cartelloni sottostanti comunicando un mix di frammenti di notizie senza alcun nesso apparente, una combinazione di colori, forme e simboli del tutto accidentale e imprevedibile. Ed è qui che affiora la poetica delle immagini che Donatini cerca di comunicare, tramite la composizione di un insieme che può ricevere solo da chi ne fruisce visivamente un proprio significato estetico, una propria valenza culturale.

Donatini, da bravo cronista, conferisce ai suoi scatti un senso aggiunto di reportage. I cartelloni pubblicitari sono deperibili ed effimeri ma sono però inevitabili aspetti del paesaggio urbano e come tali vanno presi in considerazione e non sottovalutati. Dapprima si appropriano della scena per poi venire distrutti quando, effimeri e scaduti, si piegano al rapido mutare del volto della città.

Anche i manifesti hanno un'anima, sovrapposta

3 Ottobre 2007 - Resto del Carlino di ROSANNA RICCI

Il fotografo, nato a San Marino e residente a Bologna, é alla sua prima mostra.

Il suo interesse per l'arte in tutte le sue varie forme nasce dalla grande passione per la fotografia.

Nella mostra attuale sono esposte opere in cui Donatini recupera, in forma poetica, un aspetto che connota la situazione urbana: i manifesti strappati e sovrapposti. Ne derivano fotografie in cui il gusto del colore, la presenza di frammenti di scritte, il variegato mondo dei manifesti propone la realtà effimera dei modi di comunicazione.

Tutta la provvisorietà e la protesta é presente in queste opere, dove la lacerazione della carta o del manifesto, conduce il visitatore ad addentrarsi in un ambito in cui non sono estranei suggerimenti concettuali. Ciò che emerge da questi strappi é una realtà multiforme che spesso non ha legami strutturali e propositivi, ma che nella casualità si rifugia per comunicare impressioni ed emozioni. L'orario di apertura dell'esposizione é dalle 18.30 alle 24, chiusura lunedì e martedì.